Testo introduttivo mostra "a quattro mani"
Silvia Evangelisti
E' stato un caro amico, Lucio Dalla, a parlarmi per la prima volta di Domenica Regazzoni e a mettermi in contatto con lei.
Era il 2001 e Lucio mi raccontò di un'artista che dipingeva poetici e suggestivi "paesaggi" ispirati alle parole delle sue canzoni. "Mi piacerebbe che li vedessi, a me sembrano molto belli e si potrebbe farne una mostra anche a Bologna”.
“ Il progetto di Domenica Regazzoni mi è piaciuto perché contiene una richiesta precisa d’interpretazione delle mie canzoni in molti casi visivamente perfetta" ha detto Dalla in un'intervista ed io, come lui, ne restai affascinata e la mostra si fece nella chiesa sconsacrata di San Mattia.
Non era la prima esperienza di questo tipo che l'artista lombarda intraprendeva, aveva già realizzato una serie di opere ispirate alle parole scritte da Mogol per Lucio Battisti , ed anche in questo caso i suoi dipinti non erano una trasposizione in immagine delle parole dei testi a cui si riferivano, ma ne erano una sorta di "risultanza", di conseguenza emotiva trasposta nel visibile, in segni e colori come contrappunti musicali.
Sintesi di poesia pittura e musica.
E non è un caso che, nel 2000, l'artista abbia pubblicato una preziosa monografia dedicata alla poesia Haiku, composizione poetica nata in Giappone nel XVII secolo, che in soli tre versi (con uno schema rigoroso di 5/7/5) esprime il rapporto tra uomo e natura.
Le tele di Domenica Regazzoni, e le bellissime carte, sono abitate da azzurri e blu, ora liquidi, ora intensi, da verdi e rosa tenui, su cui l'artista pone e immerge fragili garze e sottili fili di ferro, frammenti colti dalla realtà che si trasformano in sottile gioco poetico. "Sovrapposizioni e sfumature cromatiche, come "stati d'animo", che divengono interpretazione poetica personalissima del mondo, segnata - sul filo delle musiche e dei testi - dal tenue riaffiorare di memorie, di immagini, di luci, di silenzi: affiorare e scomparire di forme, inseguite da "segni segreti", quasi espressione visiva di un ineludibile sentimento della precarietà umana, si libera da quella certa ansia sommessa e si gioca in uno spazio più ampio, indefinito e aperto."
Sono passati molti anni da quando scrissi queste frasi, e Domenica li ha trascorsi lavorando intensamente, raffinando la sua ricerca pittorica e arricchendola con nuove esperienze, come quella della scultura e dell'incisione, collaborando con uno dei maggiori stampatori, Giorgio Upiglio.
INTERVISTA
S.E. Sin dall'infanzia la musica ha fatto parte della tua vita. Una passione trasmessa da tuo padre, grande liutaio, a tuo fratello Cesare, compositore, e a te pittrice e scultrice. E tu hai coinvolto in questa passione totalizzante tuo figlio Alessio, violinista di grande talento. Che posto ha la musica nella tua vita e nel tuo fare arte?
D.R. La musica è stata davvero, fin da piccolissima, un filo rosso che attraversava la mia esistenza. Dal laboratorio di mio padre uscivano quotidianamente “suoni”: dapprima forti e ritmati dello scalpello che iniziava l’abbozzo delle tavole armoniche dei violini, fino ad arrivare ai profumi intensi delle vernici e alle voci degli strumenti ultimati. Sono sempre stata divisa tra musica e pittura, perché le qualità tonali del suono mi arrivavano interiormente già come colori. Crescendo di fianco ad un fratello musicista e partorendo poi un unico figlio violinista, ho sentito la necessità di abbandonare lo studio della chitarra classica e il canto, per dedicarmi completamente alla pittura, portandomi via via al silenzio dell‘immagine, allontanandomi pian piano dalla figurazione che ho analizzato per vent’anni da “brava figlia di artigiano”.
S.E. "La musica, matrice delle arti, contiene nel suo seno le due categorie nel cui sposalizio, è la vita dell'universo: lo spazio e il tempo" ha scritto Fausto Melotti, artista da te molto amato. Mi sembra che questa frase possa appartenerti profondamente. E' così?
D.R. Solo nella musica, la più spirituale delle arti, le ferree leggi dell’armonia e del contrappunto imbrigliano sregolatezza e violenza in un disegno equilibrato. Anche la musica è un complesso di “forme sonore” in movimento, che creano immagini armoniche puramente virtuali. Penso che il “principio” della creazione sia il medesimo in tutte le arti, anche se i prodotti differiscono tra loro. Le impressioni estetica, visiva, poetica, musicale, sono troppo intrecciate per essere divise! Ciò che è primario nella musica può essere secondario nella poesia e nella pittura, ma le reti d’intersezione sono, a mio parere, fittissime.
S.E. Musica e poesia sono i riferimenti principali delle tue opere, e tu hai scelto come richiamo d'ispirazione due personaggi della canzone autorale della contemporaneità, Lucio Dalla e Mogol. Io credo che la tua intenzione non abbia nulla a che vedere con l'idea di interpretare visivamente le parole di questi due "poeti" della canzone, ma piuttosto tu sia alla ricerca di un punto d'incontro tra pittura musica e poesia, e delle intime affinità che legano colore suoni e parole, per giungere ad un nuovo linguaggio artistico nato dall'unione delle tre espressioni creative. Credi di esserci riuscita?
D.R. Ho solo percorso un mio piccolo sentiero tra pittura, musica e poesia dapprima con Mogol, lavorando con pastelli e acquarelli, perché i suoi testi sono sprazzi e attimi di verità, toccano l’animo nelle cose più semplici e più vere . Più tardi, i testi di Dalla mi hanno portato ad una “meditazione pittorica” più interiore, perché alcune sue canzoni come Henna, Ciao, Amen, e tante altre toccano le corde più profonde dell’essere. In tante sue canzoni sento il tragico destino dell’uomo, prigioniero di una unione spirituale e materiale.
S.E. Nei tuoi lavori, in particolare in quelli pittorici, al colore, grande protagonista, si “mescolano” elementi extrapittorici, poetici frammenti di mondo, come garze, fili sottili, piccoli batuffoli che si sovrappongono ai blu intensi, ai verdi tenui, agli aranci e rosa, con la preziosità dell'oro e del rame, a creare evocativi e poetici "paesaggi". Da dove trai ispirazione?
D.R. Dopo aver lavorato e indagato nella figurazione per più di vent’anni, ho sentito il bisogno di andare oltre. Tanti sono stati i pittori di cui mi sono innamorata in questi quarant’anni di lavoro: tutti mi hanno lasciato qualcosa, poi me ne sono andata per i miei piccoli sentieri, traendo ispirazione unicamente dalla mia anima. Negli ultimi anni ,a volte, ho trovato in un’espressione artistica rudimentale , elementare, "orchestrando le materie “ in un colloquio più vero e più mio.
S.E. Nell'ultimo decennio hai intrapreso molti importanti progetti, e hai messo alla prova la tua arte con nuovi materiali, soprattutto in scultura, realizzando opere anche di grandi dimensioni, come The Broken Violin, del 2009, scultura in bronzo collocata in permanenza nel Coltea Park nella piazza dell’Università di Bucarest, o in ferro, "come Preghiera a Segrate, in legno di abete, Cello scomposto del 2012, fino al recentissimo Fiore di Violino in metallo a Barzio. Che rapporto c'è tra la pittura e la scultura nel tuo lavoro?
D.R. Come ti dicevo , solo dopo la dipartita di mio padre ho sentito l’urgenza di provare gli scalpelli e le lime rimaste nel suo laboratorio :forse per risentirne i “suoni” così familiari, e da lì ho iniziato a scolpire i suoi legni semilavorati e via via ho sperimentato altri materiali, in un viaggio che ancora oggi, ogni giorno sarà una nuova scoperta.