I colori di Domenica Regazzoni
- Di alcuni suoi lavori è soprattutto la materia a colpire ed emozionare, vicina all’informalità di Burri, anche se grazie alla delicatezza dei colori, talora più evocativa. Che rapporto ha con la materia?
Mi piace trasformarla, ma è un tramite per arrivare a un’espressione più elevata, spirituale. Prendo cose dove capita che prima o poi utilizzerò: garze, frammenti di tele leggere, di stoffa ruvida, di juta, sassi, trucioli di legno prelevati dallo studio di mio padre, raccolgo tutto. So da dove parto e non so dove arriverò.
- Il punto di partenza è comunque sempre stato la poesia...
Si ed è stato un percorso di ricerca e di ascolto. Le parole infatti hanno un suono nascosto e per sentirlo e poterne vedere i colori bisogna trovare concentrazione e riuscire ad ascoltare una propria voce interiore…
- Lei ha affermato che non esiste arte senza artigianato. Cosa intende?
Da mio padre, che dal legno o dal lavoro manuale riusciva a realizzare l’astrazione del suono, ho imparato a partire dall’artigianato anche per realizzare opere che diventano spirituali. Mi ricordo la sua emozione quando alla fine della costruzione di un violino, lo provava per la prima volta. Quella per me è l’espressione dell’arte e il mio percorso è iniziato da quello stimolo…
- Il suo percorso pittorico è partito dalla figurazione, dai ritratti fino agli esiti decisamente astratti di oggi. Questo tipo di pittura è un punto di arrivo o di partenza?
Non si può arrivare all’astratto, al non riconoscibile, senza passare da uno studio dettagliato e attento del visibile, senza cioè aver analizzato con profondità il mondo, che è fatto di persone, di natura, di volti.
Intervista di Roberta De Simoni a Domenica Regazzoni, Artè, novembre-dicembre 2001